Anthony Cartwright – Iron Towns. Città di ferro

«Un giorno, forse neanche tanto lontano, il mondo umano si sposterà altrove. Rimarranno solo pietre ricoperte di muschio, strane reliquie metalliche, tracce chimiche nel terreno. Nascerà il mito delle grandi città in rovina nella parte settentrionale e in quella orientale delle isole, come le dicerie sui grandi ragni, gli esploratori si faranno largo a colpi di machete lungo il corso di angusti fiumi, in cerca di qualche tribù perduta.»

 

Liam Corwen si appresta a chiudere la sua deludente carriera di calciatore nella squadra di Iron Town. O, come vorrebbero i suoi abitanti, Iron Towns: antiche roccaforti siderurgiche ridotte a «un labirinto di vecchie officine» scoperchiate, «strane reliquie metalliche», villaggi bruciati, stregati come le brughiere del leggendario regno di Mercia.
Con due matrimoni falliti alle spalle e un figlio che vede solo in webcam, il bilancio della vita privata di Liam non è diverso da quello dei suoi amici di sempre, Dee Dee, Goldie, Mark Fala, le donne e gli uomini delle «città di ferro», ormai arrugginite come le ambizioni di una generazione tradita dalla storia, ma caparbiamente in attesa di un riscatto personale e collettivo.
Ancora una volta Cartwright ricorre alla metafora del football per narrare mondi scomparsi, quelli di una solidarietà operaia ormai sconfitta e di un calcio sempre più estraneo al suo unico, legittimo proprietario: il pubblico. Mondi ricoperti da uno strato di cenere sollevata da incendi che non hanno mai smesso di bruciare.