Paola Turcutto – Il ciclismo nel sangue
Come ho detto no al doping e altre storie
«Male non fare, paura non avere.
Un giorno avrei scoperto che non funziona proprio così.»
Sin da piccola Paola prova un’attrazione magnetica per le ruote. La bicicletta è una compagna di vita, il mezzo di trasporto per andare al lavoro e per scoprire il mondo. Se un giorno d’agosto, a ventun anni, Paola non fosse entrata nel negozio di Giovanni Mattana, a Cividale del Friuli, la bicicletta per lei sarebbe stato solo questo e la sua vita avrebbe preso un’altra direzione. Invece, grazie a quell’incontro, Paola affronta la sua prima gara di ciclismo su strada, dimostrando fin da subito le sue grandi potenzialità, e da allora brucia tutte le tappe. Entra in nazionale e partecipa alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, tiene la testa bassa e va a ruota delle più grandi.
La bicicletta non è solo cosa da uomini, e lei lo dimostra molto bene. Si innamora anche della mountain bike e del ciclocross, sport per duri, per chi sguazza nel fango. E anche qui ottiene ottimi risultati (tre titoli nazionali di ciclocross, un bronzo ai mondiali di mountain bike in Australia). Sono anni entusiasmanti, dove sembra che tutto sia possibile, ma sono anche gli anni in cui si diffonde l’uso del doping. Su quell’inganno si infrangono i sogni della ciclista friulana: per lei l’etica sportiva vale molto di più di qualsiasi medaglia.