13 luglio 1985 — Sergej Bubka in cielo

Trentacinque anni fa, Sergej Bubka diventava il primo uomo a superare l’asticella dei sei metri nel salto con l’asta.




Quando riguardo questo salto ripenso sempre a quella volta — mi sembra fosse il 2011 — in cui, mentre leggevo decine e decine di racconti di autori esordienti nel tentativo di selezionare gli otto più meritevoli di partecipare alla finale di un concorso letterario, mi sono imbattuto in Sergej, di Eugenio Raspi.
Sergej raccontava un frammento di un caldo e malinconico pomeriggio estivo trascorso da un ragazzino in un piccolo borgo del Centro Italia, in compagnia del nonno Aristide, dell’amico Luigi e di una non meglio definita sensazione di angoscia nell’aria, causata dalla vaga notizia di un incidente occorso nella notte a dei giovani del posto, tra cui il suo amico Andrea.
Tutto raccontato in maniera molto breve, meno di ottomila battute, ma altrettanto intensa.
Grazie anche a quell’immagine finale che ritrae il ragazzino rimasto solo nella piazza assolata, accanto al pozzo, sopraffatto un po’ dalla noia un po’ dalla preoccupazione, mentre calcia il pallone in aria, talmente in alto da sfiorare il tetto del palazzo che proietta una zona d’ombra sull’acciottolato.
Saranno più o meno sei metri d’altezza, pensa il ragazzino. Ed è in quel momento che davanti ai suoi occhi prende corpo una visione:

Sul fondo della piazza appare Sergej Bubka, con le sue spalle larghe e la canottiera rossa. Impugna l’asta e la solleva, come si vede in tv da due giorni a questa parte, da quando ha fatto il record; butta fuori il fiato e inizia a correre, passi veloci e corti, le ginocchia alte. Sto a guardarlo mentre l’asta s’impunta, si piega all’inverosimile e lo proietta in alto; i piedi, innalzati contro l’azzurro, sfiorano la grondaia e vanno oltre, così come le cosce, il torace e la testa, finché non scompare dall’altra parte.
Penso a Sergej, ad Andrea e a me. Riuscissi anch’io a lanciarmi contro quei muri che la vita ci mette davanti e vedere, scendendo, che l’asta è ferma immobile a sei metri da terra; e venire giù felice, sapendo che quell’enorme materasso blu è lì, pronto ad attutire la caduta.

Condividi la tua opinione