2 febbraio 1990 e 1995 — Enrico de Pedis e la madonnina di Pantano
Trent’anni fa, nei pressi del civico 65 di via del Pellegrino, nel cuore di Roma, un killer a bordo di una moto guidata da un complice uccideva il trentaseienne Enrico de Pedis, il “Renatino” della banda della Magliana.
I funerali De Pedis si celebrano nella basilica di San Lorenzo in Lucina.
La salma viene in un primo momento tumulata nel cimitero del Verano, ma circa due mesi dopo è trasferita nella cripta della basilica di Sant’Apollinare, che affaccia sull’omonima piazza, tra Palazzo Madama e il lungotevere Marzio.
A chiederlo è stata la vedova di De Pedis, Carla Di Giovanni, che intendeva così esaudire il desiderio confidatole poco tempo addietro dal marito: “Il giorno che mi ‘tocca’, piuttosto che al cimitero mi piacerebbe essere portato qui…”. Del resto Carla ed Enrico, due anni prima, si erano sposati proprio lì, a Sant’Apollinare, e a celebrare il rito aveva pensato quello stesso monsignor Piero Vergari, rettore della basilica, che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel far sì che la volontà di Renatino fosse rispettata.
Monsignor Vergari, infatti, intercede per conto della vedova Carla presso il vicariato di Roma con una lettera del 6 marzo 1990 indirizzata al cardinal Poletti, nella quale si attesta che il defunto, in vita, “è stato un gran benefattore dei poveri che frequentano la basilica e ha aiutato concretamente tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana”.
Il 24 aprile la salma di De Pedis viene tumulata all’interno della cripta, a cui è possibile accedere solo per volontà della vedova Carla, unica depositaria delle chiavi del cancello che la delimita.
Il 9 luglio 1997 Antonella Stocco, giornalista del quotidiano Il Messaggero, rivela la notizia e lo scandalo non tarda a esplodere. Dovranno passare altri quindici anni, però, prima che il 18 giugno 2012, su autorizzazione della magistratura italiana, la salma di Renatino venga traslata dalla basilica di Sant’Apollinare e trasferita al cimitero di Prima Porta, per essere cremata.
Sette anni prima, nel luglio del 2005, alla redazione del programma di RaiTre Chi l’ha visto? era giunta una telefonata anonima (la cui registrazione viene mandata in onda integralmente solo nel luglio 2008): “Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso andate a vedere chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare, e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca”.
Emanuela Orlandi è la figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia, misteriosamente scomparsa a Roma il 22 giugno 1983, all’età di quindici anni, e mai più ritrovata.
Il 2 febbraio 1995, un quarto di secolo fa e cinque anni dopo la morte di Enrico De Pedis, in località Pantano di Civitavecchia, una statuina in gesso alta 42 centimetri raffigurante la Regina della Pace lacrima sangue. E non sono pochi a sostenere che la madonnina pianga proprio per la tragica sorte della giovane Emanuela, che sembra essere stata inghiottita dal nulla.
La piccola statua giace in una nicchia ricavata nel giardino di casa dell’elettricista Fabio Gregori e ad accorgersi per prima del miracolo è stata sua figlia Jessica, di anni cinque, che quel pomeriggio, verso le 16.20, dopo essere transitata davanti alla madonnina con il volto rigato di rosso, è corsa in casa a dare l’annuncio.
La statuina era finita nel giardino dell’elettricista dopo essere stata acquistata, cinque mesi prima, dal parroco di Sant’Agostino al Pantano, don Pablo Martín, spagnolo della Mancia, a Medugorje — tanto che alcuni fedeli ritengono che la madonnina stia piangendo non per la scomparsa di Emanuela Orlandi, bensì per la guerra civile che da anni sta martoriando la Bosnia-Erzegovina.
Don Pablo l’aveva poi regalata ai Gregori perché il capofamiglia Fabio, negli ultimi tempi, sembrava attratto dalla predicazione dei Testimoni di Geova, e quindi il parroco sperava che, grazie all’intercessione della madonnina, il suo fedele potesse redimersi e tornare sui propri passi.
La sera del 3 febbraio la madonnina piange di nuovo, e così farà nei giorni successivi, fino al 15 marzo (per un totale di 14 episodi). Nel frattempo l’afflusso di fedeli, curiosi e giornalisti nel giardino di casa Gregori diventa ingestibile, tanto che l’autorità decide di trasferire la statuetta prima nella chiesa di Sant’Agostino, e poi all’interno della diocesi, in un luogo segreto.
Il 24 febbraio la madonnina viene spostata nuovamente, questa volta per raggiungere il policlinico Gemelli di Roma ed essere sottoposta a una serie di esami atti ad appurare la vera composizione del liquido che scende dai suoi occhi. A condurre gli esami sono due professori, il laico Giancarlo Umani Ronchi, della Sapienza, e il cattolico Angelo Fiori, del Gemelli. In seguito Umani Ronchi, interpellato da Enrico Deaglio, descriverà così l’arrivo in reparto della statuina, tra le braccia del vescovo Girolamo Grillo:
La teneva avvolta in una borsa, era una cosa veramente minuscola, ma devo dire che mi sono emozionato. Non è la prima volta che mi emoziono in questo mestiere. Mi emozionai di fronte al cadavere di Pasolini; mi emozionai quando vidi il cadavere di Aldo Moro, lo sguardo trasognato, la barba bianca cresciuta durante la prigionia, a ciuffi, come capita di vedere nei barboni, questo aspetto povero, dimesso, che contrastava con una grande dignità. Mi emozionai, e allora ero giovane, quando partecipai alla perizia su Farouk, il re dell’Egitto, in esilio a Roma.
I risultati degli esami vengono resi pubblici quattro giorni dopo e lasciano interdetti:
Le tracce di apparenza ematica riscontrate sul volto e sul collo della statua della Madonna sottoposte al nostro esame sono risultate tracce di sangue umano maschile. L’esame macroscopico e radiologico della statua non ha evidenziato la presenza di anomalie all’infuori delle tracce ematiche.
Dopo una denuncia del Codacons, che sospetta il reato di abuso della credulità popolare, il procuratore di Civitavecchia Antonio Albano decide di sequestrare la madonnina e di chiedere ai componenti maschili della famiglia Gregori e agli uomini che sono stati vicini alla statuetta di sottoporsi a un esame del sangue, così da confrontare il loro Dna con quello riscontrato nel manufatto di gesso. Tutti gli interpellati, però, rifiutano di sottoporsi a un esame così invasivo, pertanto l’inchiesta si arena — al pari delle lacrimazioni della madonnina.
Un sondaggio condotto in quei giorni dall’Istituto Datamedia sentenzia che il 56,6% degli italiani crede nelle apparizioni della madonna.
Dal 17 giugno 1995 la statuetta, custodita in una teca nella locale parrocchia di Sant’Agostino, è esposta alla venerazione dei fedeli. Da quel giorno, si legge nel sito del comune, ha avuto inizio un pellegrinaggio “finalizzato alla venerazione di Colei che tutti ormai chiamano la ‘Madonnina di Civitavecchia’”.
I pellegrinaggi sono notturni e si svolgono il primo febbraio e il 31 maggio.
Il 5 marzo 2005, in occasione del decennale della sua visione, Jessica Gregori, all’epoca quindicenne, ha rilasciato un’intervista a don Giovanni d’Ercole, nel corso della trasmissione di RaiDue Sulla via di Damasco.