6 gennaio 1980 — Piersanti Mattarella
Quarant’anni fa, a Palermo, veniva assassinato dalla mafia il presidente democristiano della Regione Sicilia Piersanti Mattarella. In questa foto scattata da Letizia Battaglia pochi istanti dopo l’agguato, il corpo della vittima viene estratto dalla macchina dal fratello Sergio, che trentacinque anni e venticinque giorni dopo (il 31 gennaio 2015) verrà eletto presidente della Repubblica italiana.
Il killer, un giovane che indossa un k-way azzurro con il cappuccio calato in testa, raggiunge Piersanti Mattarella a bordo dell’automobile di quest’ultimo, nei pressi della sua abitazione al numero 135 di via della Libertà, a Palermo. All’agguato assistono la moglie della vittima, Irma Chiazzese, la suocera e Bernardo, il primogenito della coppia. Dopo aver sparato il killer si allontana su una Fiat 127 bianca guidata da un complice.
Nel 1995, come mandanti dell’omicidio vengono condannati all’ergastolo i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Gli esecutori materiali, invece, non sono mai stati individuati. Gli unici a finire sul banco degli imputati con questa accusa, sostenuta dal giudice Giovanni Falcone che conduce le indagini sull’omicidio, sono i due terroristi neri Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, e Gilberto Cavallini, esponenti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar). Il primo viene addirittura riconosciuto dalla moglie di Piersanti, testimone oculare dell’attentato, come colui che ha sparato al marito, ma al termine del processo in Corte d’assise Fioravanti e Cavallini sono assolti su richiesta della stessa procura, perché gli elementi raccolti a loro carico sono ritenuti insufficienti.
Giusva Fioravanti compirà sessantun anni il prossimo 28 marzo.
Quando ne aveva una cinquantina di meno intraprese una precoce e fortunata carriera cinematografica, diventando molto celebre grazie a un paio di spaghetti western e a qualche commedia sexy, nell’ultima delle quali, Grazie… nonna (1975), affianca Edwige Fenech.
Per i vari reati commessi durante la sua militanza neofascista (tra cui la strage di Bologna del 2 agosto 1980), Giusva Fioravanti è stato condannato a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione. Durante il periodo trascorso in carcere, nel 1985, ha sposato Francesca Mambro, compagna di vita e militanza politica, da cui ha avuto una figlia nel 2001.
Dall’aprile del 2009 Giusva è a tutti gli effetti un uomo libero: dopo 26 anni di carcere, di cui gli ultimi cinque trascorsi in regime di libertà vigilata, la sua pena è estinta.