In Orbital
«Pensa un pensiero nuovo, si dicono a volte. I pensieri che si hanno in orbita sono così grandiosi e così vecchi. Pensane uno nuovo, completamente nuovo, mai pensato prima.»
Quando aveva quindici anni, Shaun aveva assistito a una lezione su Las Meninas, su come il dipinto disorientava lo spettatore, che non capiva più cosa aveva di fronte.
È un dipinto dentro un dipinto, aveva detto l’insegnante, guardate da vicino. Guardate qui. Velázquez, l’artista, è nel quadro, al cavalletto, a dipingere un quadro, e quello che sta dipingendo sono il re e la regina, ma loro sono fuori dal quadro, dove siamo noi che guardiamo dentro, e sappiamo che sono lì solo perché vediamo il loro riflesso in uno specchio proprio di fronte a noi. Il re e la regina guardano quello che stiamo guardando noi, la figlia e le sue damigelle, che poi è il titolo del dipinto: Las Meninas, le damigelle. E allora qual è il vero soggetto di questo quadro: il re e la regina (che l’artista sta ritraendo e i cui volti bianchi riflessi, anche se piccoli, sono al centro dello sfondo), la loro figlia (che è la protagonista in mezzo alle altre, così bionda e luminosa nella penombra), le sue damigelle (e i nani e gli accompagnatori e il cane), l’uomo dall’aria furtiva che sembra portare un messaggio e si intravede in fondo, sulla porta, Velázquez (la cui presenza come pittore è dichiarata dal fatto che si trova nel quadro, al cavalletto, a dipingere un ritratto del re e della regina o forse proprio La Meninas), o siamo noi, gli spettatori, che occupiamo la stessa posizione del re e della regina, che guardiamo dentro e che siamo guardati sia da Velázquez sia dalla principessa bambina e, di riflesso, dal re e dalla regina? O il soggetto è l’arte stessa (che è un insieme di illusioni e trucchi e artifici all’interno della vita) o la vita stessa (che è un insieme di illusioni e trucchi e artifici all’interno di una coscienza che sta cercando di capire la vita tramite percezioni e sogni e arte)?
Oppure — aveva detto l’insegnante — è solo un dipinto sul nulla? Soltanto una stanza con dentro della gente e uno specchio?

Per Shaun, che a quindici anni non voleva studiare arte e sapeva già di voler diventare un pilota di caccia, quella lezione era l’apice dell’inutilità. Il quadro non gli piaceva particolarmente e non gli importava un granché di cosa rappresentasse. Forse sì, era solo una stanza con delle persone e uno specchio, ma non aveva neanche voglia di alzare la mano per dirlo. Si era messo a scarabocchiare dei motivi geometrici sul quaderno, e poi a disegnare un impiccato. Appena si era accorta dei suoi scarabocchi, la ragazza seduta vicino a lui gli aveva dato un colpetto con il gomito alzando un sopracciglio e poi aveva sorriso, un piccolo sorriso fugace, e quando era diventata sua moglie, molti anni dopo, gli aveva regalato una cartolina di Las Meninas, che per lei era l’emblema della loro prima vera interazione. E quando, anni dopo ancora, lui era via per un addestramento in Russia, poco prima di andare nello spazio, lei, in una calligrafia fitta fitta, aveva scritto sul retro della cartolina una sintesi di tutta la spiegazione del loro insegnante, parole che lui aveva completamente dimenticato e invece lei ricordava con una precisione che non lo sorprendeva, perché era l’essere umano più lucido e profondo che avesse mai conosciuto.
Tiene la cartolina nella sua cuccetta. Stamattina, appena sveglio, è rimasto a fissarla, a pensare a tutte le possibilità di soggetto e prospettiva che sua moglie ha elencato. Il re, la regina, le dame, la bambina, lo specchio, l’artista. La fissa più a lungo di quanto si renda conto. Ha la costante sensazione di un sogno interrotto, qualcosa di indomabile nei suoi pensieri. Si sfila dal sacco a pelo, mette i vestiti da palestra e, quando va in cucina per farsi il caffè, intravede la caratteristica punta settentrionale dell’Oman che si protende nel Golfo Persico, nuvole di sabbia sul mar Arabico, il grande estuario dell’Indio, e Karachi — invisibile ora alla luce del giorno, mentre di notte è un reticolo di linee enorme e complesso che gli ricorda gli scarabocchi che faceva una volta.
Secondo la metrica del tempo del tutto arbitraria che usano qui, dove il tempo è sballato, sono le sei del mattino. Gli altri si stanno alzando.
Samantha Harvey, Orbital, trad. it di Gioia Guerzoni, NN edizioni, 2025, pp. 13-15