7 marzo 2005 — Socialismo tascabile


Quindici anni fa usciva Socialismo tascabile (prove tecniche di trasmissione), album d’esordio degli Offlaga Disco Pax.

Agli ODP è legato il mio ricordo più bello dell’ultima edizione del Salone del libro di Torino.
Mi pare fosse un venerdì, sicuramente era una bellissima giornata di sole e avevo trascorso tutta la mattinata e il primo pomeriggio tra i padiglioni del Lingotto. Poi, verso le 16, sono entrato in metro per attraversato la città e raggiungere il Fflag di via Reggio 13, uno spazio espositivo a due passi dalla Dora Riparia che per tutta la durata del Salone avrebbe ospitato una mostra dedicata all’opera di Enrico Fontanelli, tastierista nonché compositore, produttore e designer degli ODP.
Il giorno prima mi ero prenotato alla visita guidata organizzata e condotta da Max Collini, e poiché ho la cattiva abitudine di arrivare in anticipo agli appuntamenti, anche in quella circostanza sono arrivato in via Reggio 13 un’ora prima del previsto. Poco male: avrei avuto tutto il tempo di visitare un angolo della città che non conoscevo.
Ricordo i tavolini all’aperto di due locali in riva al fiume, affollati di gente che si godeva il sole; poi una libreria lì, a pochi metri, con in vetrina titoli e ritagli di giornale dedicati al Grande Torino — in quei giorni ricorreva il settantennale della tragedia di Superga; e la facciata decadente di un bellissimo palazzo al di là di ponte Rossini.


 



Della mostra, invece, ricordo l’assortito gruppetto di visitatori — una ventina in tutto — che arrivarono alla spicciolata, chi puntuale (e quindi accolto da Collini con un sorriso) e chi in ritardo (e quindi bonariamente cazziato); i numerosi aneddoti dispensati dalla guida durante tutta la visita; e poi le bellissime tavole, certo, anche perché nelle settimane successive ho avuto modo di vederle e rivederle sfogliando il catalogo che comprai prima di lasciare il Fflag.



A proposito della prima, Collini scrive nel bel testo introduttivo:

La prima tavola, la opd#2, valeva già da sola un piano quinquennale: Arvidas Sabonis, campione di basket della nazionale dell’URSS alto due metri e ventuno centimetri (uno dei più grandi cestisti di sempre), alle olimpiadi di Seul del 1988. Al suo fianco Tyrone Bagues, un tappetto USA alto un metro e sessanta centimetri scarsi. In un solo scatto la rappresentazione plastica di un immaginario di riferimento enorme diventava, in quella fotografia, ironico, delicato e potente al tempo stesso. Me ne innamorai subito, soprattutto quando Enrico mi disse che l’aveva trovata in un suo “Almanacco di Topolino” dell’epoca.



Le mie tavole preferite, invece, sono la #62 e la #80.
Nella prima, pensata per il concerto degli ODP al Nelson Mandela Forum di Firenze del 2 febbraio 2004, il leader dell’Albania socialista Enver Hoxha indossa un cappotto marziale su cui risalta una spilletta del Joy Division.



Della seconda, invece, ideata da Fontanelli per il quinto concerto del tour Socialismo tascabile 2005, al Diagonal di Forlì, mi piace tanto l’espressione — tra il malinconico e il rassegnato — di Enrico Berlinguer dentro quella specie di televisore avveniristico. Sembra la faccia di uno che non ne può più di sentire quello che gli stanno dicendo, ma che allo stesso tempo non può dire al suo interlocutore di tacere, né può andarsene. Deve stare lì, ascoltare in silenzio e aspettare che il tempo passi. Mi piace tanto quella faccia perché la trovo familiare, come la sensazione che comunica.



Ricordo che mi colpì molto anche la tavola #67, realizzata per il concerto degli Offlaga al Rock Planet di Pinarella di Cervia, in provincia di Ravenna, del 22 gennaio 2005. Un paio di mesi prima di visitare quella mostra avevo trascorso un fine settimana a Monaco di Baviera, e dopo aver visitato la meravigliosa Alte Pinakotheken, insieme a due amici ero finito di fronte alla Futuro House dell’architetto finlandese Matti Suuronen. Non so se Fontanelli si sia mai imbattuto nelle case del futuro di Suuronen, ma davanti a quella tavola mi era sembrata una curiosa coincidenza che fosse successo a me, poche settimane prima e in maniera del tutto casuale.




Uno degli aneddoti più belli snocciolati durante la visita guidata, Collini lo ha riservato alla serie delle quattro tavole tutte ispirate da un busto di Beethoven che Fontanelli aveva ricevuto in dono:

Una nostra amica veneziana regalò a Enrico un piccolo busto del musicista tedesco, perché il suo modo di suonare dal vivo, curvo su Moog e tastiera Casiotone (strumenti che di solito erano posizionati in basso su appoggi di fortuna durante il tour di Socialismo tascabile), le evocava Schroeder dei Peanuts. Il fatto che Enrico, divertito da questo dono e da questa somiglianza non preventivabile, sia passato in un attimo dal busto di Lenin a quello di Beethoven, trasformandolo via via in Carlo Marx, in un Kraftwerk, in uno dei Kiss e in Brian Eno, fa comprendere quanto prendesse sul serio sé stesso e gli Offlaga Disco Pax: pochissimo e tantissimo nello stesso identico momento. […] Musicista, polistrumentista, produttore artistico, grafico, videomaker, fotografo: abbiamo avuto in casa tutto questo per anni in una sola persona ed è meglio non stare a pensare a quello che ancora avrebbe potuto regalarci. […] Ciao Enrico: amico, fratello, compagno, artista. Grazie, da qui, ancora una volta.


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