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14 marzo 2000 — La morte per fuoco di Ion Cazacu

Vent’anni fa, l’ingegnere metalmeccanico rumeno Ion Cazacu — trasferitosi da qualche anno in Italia, nel gallaratese, dove lavora come piastrellista a cottimo — nel corso di una lite con il suo datore di lavoro, il trentaseienne Cosimo Iannece, viene cosparso di benzina e bruciato vivo. Ricoverato all’ospedale Sanpierdarena di Genova con ustioni sul 90 per cento del corpo, Ion morirà trentatré giorni dopo.



Quando arriva in Italia per la prima volta, nel 1997, Ion ha trentasette anni.
Nella sua cittadina di origine nel sud della Romania, distante 150 chilometri da Bucarest, ha lasciato la moglie Nicoleta e le figlie Florina e Stefania, che sente al telefono tutte le domeniche. Nel dicembre del 1999 la famiglia Cazacu trascorre insieme le ultime festività natalizie; poi, a metà gennaio, Ion rientra a Gallarate, nel bilocale di 40 metri quadrati che condivide con altri sei concittadini. L’appartamento è di proprietà dello stesso Iannece, che lo affitta a ciascun operaio a duecentomila lire al mese (sottratte direttamente dalla paga in nero).

Tre mesi più tardi, in quello stesso bilocale, Ion, insieme a due colleghi, incontra Iannece per discutere di alcune cose che gli operai non sono più disposti ad accettare: in primo luogo, i due mesi di stipendio arretrati (frutto di un lavoro pagato diecimila lire al metro quadro) non hanno una giustificazione, dicono, visto che di lavoro in giro ce n’è, e pure parecchio; tanto che i tre uomini  fanno intendere a Iannece che, se volessero, potrebbero anche prendere in considerazione l’idea di mettersi in proprio. A meno che, e veniamo al secondo motivo di malcontento, Iannece non si decida finalmente a metterli in regola, anche dal punto di vista contributivo.
Di fronte a quelle rivendicazioni Iannece, timoroso che i suoi sottoposti possano sottrargli clienti e lavoro, perde la testa: aggredisce Ion, gli versa addosso una bottiglia di benzina — «se l’era portata dietro» testimonieranno i compagni di Ion; «no, era già lì in casa» sosterrà la difesa — e gli dà fuoco — «per scelta deliberata di Iannece, che usò l’accendino», incalzerà l’accusa; «no, per la vicinanza di una stufa», controbatterà la difesa.
È un dato incontrovertibile, invece, che l’aggressore, per evitare che la vittima potesse mettersi in salvo, mentre abbandonava il bilocale abbia bloccato tutte le vie d’uscita.

Soccorso dai compagni e trasferito subito dal pronto soccorso di Gallarate all’ospedale di Genova, Ion lotta fino al 14 aprile, quando il suo cuore smette di battere.

In primo grado Cosimo Iannece viene condannato a trent’anni di galera e a un risarcimento danni alle due figlie della vittima pari a 800 milioni di lire. La sentenza è confermata in appello.
In terzo grado, però, la Cassazione rimanda il processo alla Corte d’appello di Milano, perché a suo dire la sentenza non è stata ben argomentata. Nel novembre del 2003, al termine del nuovo secondo grado, la corte presieduta dal giudice Santo Belfiore dimezza la condanna di Iannece, cancellando l’aggravante dei futili motivi, l’unica pendente a suo carico. L’imprenditore è condannato per omicidio volontario semplice, e i 24 anni previsti dal codice penale vengono automaticamente ridotti di un terzo, quindi a 16, come prevede il rito abbreviato. Il ricorso in Cassazione della procura di Milano è respinto.
Dal 2010, dopo dieci anni di carcere, Cosimo Iannece è a tutti gli effetti un uomo libero e torna a vivere a Gallarate, dove nel frattempo si è trasferita anche la famiglia di Ion.

Il 22 giugno del 2000, il nuovo ciclo dei reportage di Sciuscià, il programma di Michele Santoro, si apre con l’inchiesta di Corrado Formigli e Stefano Maria Bianchi intitolata Il falò che, partendo dall’omicidio di Ion Cazacu, denuncia il diffuso sfruttamento in atto nel settore edilizio italiano.

Nel 2001 a Veniano, in provincia di Como, nel corso dell’inaugurazione della sala riunione che l’azienda I.T.R ha intitolata alla memoria di Ion Cazacu, Florina conosce Dario Fo, venuto ad assistere alla cerimonia. Da quell’incontro nasce l’idea di scrivere un libro a quattro mani, Un uomo bruciato vivo, che verrà pubblicato da Chiarelettere nel 2015.

Alla memoria dell’ingegnere rumeno, il gruppo Teatro degli orrori dedicherà Ion, uno dei brani contenuti nel loro terzo album, Il mondo nuovo, uscito il 31 gennaio 2012.



Nel 2017, ospite del programma televisivo di RaiDue Nemo. Nessuno escluso, Florina Cazacu ha ricordato così la storia di suo padre, approfittandone anche per ricordare una cosa solo apparentemente banale:

Quando si lascia la propria terra, come ha fatto mio padre, lasci la tua famiglia spinto dalla fame: quando è stato ucciso io avevo 17 anni e nonostante fossi dilaniata dal dolore sono riuscita a scacciare i demoni e non ho fatto confusione. A uccidere mio padre è stato Cosimo Iannece e non il popolo italiano. Quando si assiste a un fatto, a una tragedia così grande come quella che ci è capitata ci si sente confusi e il rischio può essere quello di trasferire l’aggressività come caratteristica del popolo cui appartiene.
Ma non bisogna mai dimenticare che l’unico colpevole è l’assassino e non la sua gente.

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